domenica 9 luglio 2017

Le armi nucleari sono fuorilegge, firmato lo storico Trattato Onu contro la proliferazione. Se 72 anni vi sembran pochi... (da Left)

https://left.it/2017/07/09/le-armi-nucleari-sono-fuorilegge-firmato-lo-storico-trattato-onu-contro-la-proliferazione-se-72-anni-vi-sembran-pochi/
I negoziati in corso all’Onu dallo scorso marzo si sono conclusi con l’approvazione da parte di due terzi dei 192 Stati membri delle Nazioni Unite di un Trattato dai toni molto netti per la proibizione delle armi nucleari. La società civile a livello internazionale, organizzata da Ican (International Campaign to Abolish Nuelear weapons), è stata l’agente determinante che ha consentito di raggiungere questo obiettivo, ed ha preso parte attivamente ai negoziati. Il testo del Trattato, oggetto di animate discussioni che hanno prodotto varie formulazioni intermedie introducendo importanti anche se contrastati miglioramenti, è stato adottato con il voto a favore di 122 Stati, un voto contrario e un astenuto, e salutato da cinque minuti di applausi e la profonda commozione della presidente della Conferenza, la costaricense Elyane Whyte.
L’ampia partecipazione degli Stati a questi negoziati, e la lunga campagna vi ha dato origine, si basano sulla profonda sfiducia verso il Trattato di Non Proliferazione del 1970 e l’arrogante inadempienza del suo Art. VI che imponeva «trattative in buona fede per concludere quanto prima un disarmo nucleare e generale» Al contrario, da allora il numero di testate negli arsenali nucleari mondiali è più che raddoppiato da 30.000 a 70.000, e il numero di Stati dotati di armi nucleari è passato da 6 a 10 (compreso il Sudafrica che nel frattempo ha smantellato il proprio arsenale).
Questo Trattato non è ancora un accordo per procedere all’effettiva eliminazione delle armi nucleari, dal momento che gli Stati nucleari (Usa, Russia, Francia, Israele, Gran Bretagna, Cina, India, Pakistan e Corea del Nord) e i paesi della Nato, molti dei quali ospitano testate nucleari degli Stati Uniti, non hanno aderito e partecipato ai negoziati. Tuttavia resterà una pietra miliare e condizionerà comunque ogni passo futuro. Fino ad oggi esistevano trattati che stabilivano l’illegalità delle armi biologiche (1972), chimiche (1993), delle mine (1997), delle bombe a grappolo (2008), il cui uso è classificato come un crimine nel diritto internazionale. Pensiamo alle recenti strumentalizzazioni del presunto arsenale chimico di Assad in Siria, con minacce di intervento militare, ma se gli USA sferrassero un ben più devastante attacco nucleare non sarebbe finora stata possibile una denuncia di violazione del diritto internazionale. Da oggi questa denuncia sarà possibile, anche se per ora tutt’altro che automatica.
Tra i paesi Nato ha partecipato ai negoziati solo l’Olanda. E sembra essere stata una quinta colonna dell’Alleanza poiché si è opposta all’approvazione del Trattato per consenso ed ha espresso l’unico voto contrario (l’astenuto è Singapore).
Premessa fondamentale del Trattato è il riconoscimento, importantissimo in uno strumento giuridico internazionale, delle “catastrofiche conseguenze umanitarie” delle armi nucleari, e che la loro completa eliminazione “rimane il solo modo di garantire che esse non siano mai usate in qualsiasi circostanza”. L’Art. 4 suona “Verso la totale eliminazione delle armi nucleari”, e l’Art. 12 impegna gli Stati aderenti a farsi promotori del bando presso gli altri Paesi, in modo che il Trattato raggiunga l’universalità.
Il nucleo del Trattato è l’Art 1 che vieta in termini molto fermi agli Stati che vi aderiranno di: sviluppare, testare, produrre, acquisire qualsiasi dispositivo nucleare esplosivo, qualunque sia la sua potenza; trasferirli o riceverli a/da chicchessia; consentirne lo schieramento (vieta quindi esplicitamente il nuclear sharing, in base al quale l’Italia ospita circa 70 testate termonucleari statunitensi); assistere, incoraggiare o indurre chicchessia in siffatte azioni proibite. Il Trattato vieta non solo l’uso delle armi nucleari, ma anche la minaccia, negando quindi la legittimità della deterrenza che ha consentito la crescita demenziale degli arsenali nucleari durante la Guerra Fredda, e la folle corsa agli armamenti (purtroppo oggi ripresa, lo spreco più scandaloso di risorse, un affronto ai problemi drammatici del mondo.).
Il Trattato inoltre garantisce una specifica assistenza ai colpiti dall’uso o dalla sperimentazione di armi nucleari, e sancisce la necessità di bonifica ambientale (articolo 6).
Usa, Gran Bretagna e Francia hanno rilasciato una dichiarazione congiunta che “Non firmeremo, ratificheremo e aderiremo mai” al Trattato, affermando che esso “non affronta le preoccupazioni per la sicurezza che continuano a rendere che necessaria la deterrenza nucleare”. Senonché una guerra nucleare non può essere vinta e non deve mai essere combattuta, come dichiarò nel 1984 una fonte insospettabile, il presidente Ronald Reagan, ed hanno ribadito il 27 giugno scorso in una lettera aperta ai presidenti Trump e Putin personaggi di levatura internazionale, Wolfgang Ischinger, Sam Nunn, Igor Ivanov e Desmond Browne.
L’ambasciatrice Usa all’Onu Nikki Haley ha affermato: «Qualcuno pensa che la Corea del Nord eliminerebbe le armi nucleari?». Ma quale credibilità hanno gli Usa per sostenere la non proliferazione, quando hanno finanziato un colossale programma trentennale di modernizzazione di queste armi di ben mille miliardi di dollari?. La “resistibile” ascesa nucleare della Corea del Nord ha cause che risalgono al voltafaccia di Bush Jr. rispetto all’Agreed Framework del 1994.
Il nuovo Trattato costituirà in qualsiasi caso una pietra miliare, generalizzerà e rafforzerà la consapevolezza e la pressione dell’opinione pubblica (i media non potranno perpetuare l’ignobile cortina di silenzio che hanno steso sui negoziati, e ora sul Trattato.), eserciterà inevitabilmente un’influenza sui governi ora refrattari e condizionerà la loro azione. I trattati che hanno messo al bando le armi biologiche e chimiche, le mine e le bombe a grappolo hanno dimostrato come armi in precedenza accettate sono ora rifiutate dalla comunità internazionale. Questo Trattato sarà un forte strumento nelle mani degli Stati non nucleari nelle prossime scadenze, come la Conferenza dio Riesame del Tnp del 2020.
Vi sono nel Trattato anche delle ombre, che comunque non possono appannare il valore storico di questo risultato. I contrasti, anche forti, che vi sono stati mostrano che questo Trattato è il risultato migliore che si poteva ottenere nelle condizioni presenti. I maggiori contasti sono stati sull’Art 17, che dà la possibilità ai Paesi aderenti di recedere dal Trattato in caso di «eventi straordinari legati all’oggetto del trattato» che ne abbiano «compromesso gli interessi supremi». La società civile che ha partecipato ai negoziati, sostenuta da molti Stati, si è opposta strenuamente a questa clausola, considerandola giustamente un controsenso, ma un blocco di Stati intransigenti ne ha impedito l’eliminazione: una guerra nucleare non può essere in ogni caso una risposta, non potrebbe essere “vinta” e i suoi effetti sarebbero deleteri per l’umanità intera, per cui gli obblighi del Trattato dovrebbero essere assolutamente vincolanti.
Un limite è anche di continuare ad insistere sul diritto degli Stati di sviluppare le tecnologie nucleari per usi civili, che ormai si sono dimostrate la porta per accedere alle tecnologie militari, poiché il dual-use è la caratteristica intrinseca e ineliminabile di questa tecnologia.
Un ulteriore appunto che mi sento di muovere è che non è stata accettata né considerata la proposta che era stata avanzata da rappresentanti italiani e francesi della società civile di estendere una definizione generale di “dispositivo nucleare esplosivo” a “qualsiasi tipo di arma la cui esplosione sia dovuta a un processo di fissione o fusione nucleare qualsiasi sia la potenza” dell’arma che si ottiene: non era una questione di lana caprina, anche se molto specialistica, perché nei laboratori militari sono in corso ricerche per realizzare micro-esplosioni tramite la fusione nucleare di minime quantità di nuclei leggeri senza la necessità di innescarla con l’esplosione di una bomba a fissione, che necessita della presenza di una massa critica di plutonio. La Convenzione che vieta le armi biologiche è attualmente messa a rischio da progressi delle biotecnologia che erano impensabili nel 1972.
Il Trattato sarà aperto alle firme il 20 settembre, ed entrerà in vigore entro 90 giorni da quando sarà ratificato da 50 Paesi. Esso prevede la prima revisione ufficiale 6 anni dopo l’entrata in vigore, ma emendamenti, secondo l’art. 10, possono essere proposti e fatti circolare in ogni momento. Essi possono essere approvati dalle riunioni degli Stati aderenti e dalle Conferenze di revisione con una maggioranza qualificata di 2/3. Gli emendamenti entrano in vigore dopo che la maggioranza degli Stati aderenti al momento dell’adozione depositano la ratifica.
Il compito più urgente per le reti organizzate in Ican è ora la campagna per le firme e le ratifiche. Il gruppo internazionale di Parlamentari che hanno preso parte ai negoziati ha elaborato un documento programmatico per coordinare le pressioni sugli Stati per la firma e la ratifica del Trattato. Nel Parlamento italiano giacciono in proposito 4 mozioni, di orientamento diverso: la loro discussione era prevista alla fine di giugno, ma poi è stata spostata e non si sa quando verrà calendarizzata.
C’è da augurasi che i principali quotidiani e notiziari nazionali rompano finalmente l’ignobile congiura del silenzio (perché non si promuove un mail bombing sui Direttori delle testate?), e che la consapevolezza e la volontà dell’opinione pubblica crescano, esercitando una pressione crescente sul nostro governo perché aderisca alla campagna che da questo storico momento si impegnerà per eliminare le armi nucleari dalla storia.
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L’autore: Angelo Baracca è stato professore di Fisica e di Storia della fisica all’Università degli Studi di Firenze. In particolare si è occupato di energia e di disarmo nucleari, come testimoniano i volumi, pubblicati con Jaca Book, A volte ritornano: il Nucleare (2005); L’Italia torna al nucleare (2008) e SCRAM. Ovvero la fine del nucleare (2011). Collabora da oltre 20 anni con la facoltà di Fisica dell’Università dell’Avana, a Cuba, che lo ha portato a una ricostruzione dello sviluppo scientifico straordinariamente avanzato di questo Paese (v. A. Baracca e R. Franconi, Subalternity vs. Hegemony, Cuba’s Outstanding Achievements in Science and Biotechnology, 1959-2014). Sempre per Jaca Book ha appena pubblicato il saggio divulgativo Storia della fisica italiana. Un’introduzione

lunedì 17 aprile 2017

APPELLO: FERMIAMO I SIGNORI DELLA GUERRA

FERMIAMO I SIGNORI DELLA GUERRA

Trovo vergognosa l’indifferenza con cui noi assistiamo a una ‘guerra mondiale a pezzetti’ , a una carneficina spaventosa come quella in Siria, a un attacco missilistico da parte di Trump contro la base militare di Hayrat in Siria ,ora allo sgancio della Super- Bomba GBU-43 (la madre di tutte le bombe) in Afghanistan e a un’incombente minaccia nucleare.
L’Italia , secondo l’Osservatorio sulle armi , spendere quest’anno 23 miliardi di euro in armi (l’1,18% del Pil) che significa 64 milioni di euro al giorno! Ora Trump, che porterà il bilancio militare USA a 700 miliardi di dollari, sta premendo perché l’Italia arrivi al 2% del Pil che significherebbe 100 milioni di euro al giorno. “Pronti a rivedere le spese militari- ha risposto la ministra della Difesa  R. Pinotti- come ce lo chiede l’America .”La Pinotti ha annunciato anche  che vuole realizzare il Pentagono italiano a Centocelle (Roma) dove sorgerà una nuova struttura con i vertici di tutte le forze armate. La nostra ministra della Difesa ha inoltre preparato il Libro Bianco della Difesa in cui si afferma che l’Italia andrà in guerra ovunque  i suoi interessi vitali saranno minacciati. E’ un autentico golpe democratico che cancella l’articolo 11 della Costituzione. Dobbiamo appellarci al Parlamento italiano perchè non lo approvi. Il Libro Bianco inoltre definisce l’industria militare italiana ‘pilastro del Sistema paese’ . ” Infatti nel 2015 abbiamo esportato armi pesanti per un valore di oltre sette miliardi di euro! Vendendo armi ai peggiori regimi come l’Arabia Saudita . Questo in barba alla legge 185/90 che vieta la vendita di armi a paesi in guerra o dove i diritti umani sono violati. L’Arabia Saudita è in guerra contro lo Yemen, dove vengono bombardati perfino i civili con orribili tecniche speciali. Secondo l’ONU, nello Yemen è in atto una delle più gravi crisi umanitarie del Pianeta. All’Arabia Saudita abbiamo venduto bombe aeree MK82, MK83, MK84, prodotte dall’azienda RMW Italia con sede legale a Ghedi (Brescia) e fabbrica a Domusnovas in Sardegna. Abbiamo venduto armi anche al Qatar e agli Emirati arabi con cui quei paesi armano i gruppi jihadisti in Iraq, in Libia, ma soprattutto in Siria dov’è in atto una delle guerre più spaventose del Medio Oriente.In sei anni di guerra ci sono stati 500.000 morti e dodici milioni di rifugiati o sfollati su una popolazione di 22 milioni! Come italiani, stiamo assistendo indifferenti alla tragica guerra civile in Libia, da noi causata con la guerra contro Gheddafi. E ora , per fermare il flusso dei migranti, abbiamo avuto la spudoratezza di firmare un Memorandum con il governo libico di El Serraj che non riesce neanche a controllare Tripoli. E così aiutiamo la Libia a frantumarsi ancora di più. E con altrettanta noncuranza assistiamo a guerre in Sud Sudan, Somalia, Sudan, Centrafrica, Mali. Senza parlare di ciò che avviene nel cuore dell’Africa in Congo e Burundi. E siamo in guerra in Afghanistan : una guerra che dura da 15 anni ed è costata agli italiani 6,6 miliardi di euro.
Mentre in Europa stiamo assistendo in silenzio al nuovo schieramento della NATO nei paesi baltici e nei paesi confinanti con la Russia. In Romania, la NATO ha schierato razzi anti-missili e altrettanto ha fatto in Polonia a Redzikovo. Ben cinquemila soldati americani sono stati spostati in quei paesi. Anche il nostro governo ha inviato 140 soldati italiani in Lettonia. Mosca ha risposto schierando a Kalinin- grad Iscander ordigni atomici, i 135-30. Siamo ritornati alla Guerra Fredda con il terrore nucleare incombente. (La lancetta dell’Orologio dell’Apocalisse a New York è stata spostata a due minuti dalla mezzanotte come ai tempi della Guerra Fredda).
Ecco perché all’ONU si sta lavorando per un Trattato sul disarmo nucleare promosso dalle nazioni che non possiedono il nucleare, mentre le 9 nazioni che la possiedono non vi partecipano. E’ incredibile che il governo Gentiloni ritenga che tale Conferenza “costituisca un elemento fortemente divisivo “, per cui l’Italia non vi partecipa. Eppure l’Italia ha sul territorio una settantina di vecchie bombe atomiche che ora verranno rimpiazzate dalle più micidiali B61-12.  Quanta ipocrisia da parte del nostro governo!
Davanti a una così grave situazione, non riesco a capire il quasi silenzio del movimento italiano per la pace. Una cosa è chiara: siamo frantumati in tanti rivoli, ognuno occupato a portare avanti le proprie istanze! Quand’è che decideremo di metterci insieme e di scendere unitariamente  in piazza per contestare un governo sempre più guerrafondaio? Perché non rimettiamo tutti le bandiere della pace sui nostri balconi?Ma ancora più male mi fa il silenzio della CEI e delle comunità cristiane. Questo nonostante le forti prese di posizione sulla guerra di Papa Francesco. E’ un magistero il suo, di una lucidità e forza straordinaria. Quando verrà recepito dai nostri vescovi, sacerdoti, comunità cristiane? Dopo il suo recente messaggio inviato alla Conferenza ONU, in cui ci dice che “ dobbiamo impegnarci per un mondo senza armi nucleari”, non si potrebbe pensare a una straordinaria Perugia- Assisi, promossa dalle realtà ecclesiali insieme a tutte le altre realtà, per dare forza al tentativo della Nazioni unite di mettere al bando le armi atomiche e dire basta alla  ‘follia’ delle guerre e dell’industria delle armi? Sarebbe questo il regalo di Pasqua che Papa Francesco ci chiede: “Fermate i signori della guerra, la violenza distrugge il mondo e a guadagnarci sono solo loro.”

Alex Zanotelli
  
Napoli,14 aprile 2017                                                                                           

domenica 12 marzo 2017

Uranio impoverito, la strage dimenticata dei soldati italiani: 340 morti e 4 mila malati



Uranio impoverito, la strage dimenticata dei soldati italiani: 
340 morti e 4 mila malati

L’ultima vittima di pochi giorni fa: Claudio Caboni, colonnello dell’Esercito, stroncato da un cancro linfatico.
Le 43 sentenze di risarcimento e i lavori della commissione parlamentare (la quarta): «Presto una nuova legge»
di Alessandro Fulloni

L’ultima morte risale al mese scorso. Claudio Caboni, colonnello dell’Esercito, 59 anni. Un curriculum lungo così. Aviatore dell’aviazione leggera, a lungo nella «Brigata Sassari». Oltre venti missioni all'estero. Lascia moglie, Maria Assunta, e la figlia Federica, stremato da un cancro linfatico diagnosticato nel 2014. Era stato sui fronti più caldi che dall’inizio del 1990 hanno visto impegnati i reparti italiani: Kosovo, Iraq, Afghanistan. Un nome e un cognome, i suoi, che adesso diventano un numero. Questo: il 340. Ovvero 340 morti — a cui devono essere aggiunti circa 4 mila malati — per le conseguenze del contatto con l’uranio impoverito. Parliamo dell’«U238», il materiale con cui si fanno i proiettili di artiglieria che perfora le corazze dei tank. Ma che sviluppa temperature così alte che nebulizza i metalli, creando particelle che se inalate o ingerite possono causare forme tumorali. 

Dai Balcani a Kabul, 43 sentenze di risarcimento
Cifre, come l’ultima riguardante la morte del colonnello della «Sassari», che non rientrano nel bilancio crudo di una battaglia, persa o vittoriosa. Eppure quel che è successo nelle nostre missioni militari più recenti, dai Balcani all’Afghanistan, si configura come uno degli scenari più luttuosi nella storia delle forze armate italiane. Caduti come a Dogali, sul Carso, a El Alamein, o al «check point Pasta». Da vent’anni i reduci dalle missioni Nato in Afghanistan, Bosnia, Kosovo e Iraq si ammalano per le conseguenze dell’uso di questo tipo di arma. Tra tribunali amministrativi e civili — sono i puntuali numeri forniti dall’Osservatorio Militare presieduto da Domenico Leggiero, ex pilota dell’Aeronautica — ci sono già 43 sentenze di risarcimento. Tra queste 13 sono passate in giudicato.

La battaglia dei familiari delle vittime

I familiari dei morti, o gli stessi malati, in una ventina di casi hanno ricevuto gli indennizzi: che si aggirano — parliamo delle cause relative ai decessi — attorno al milione di euro. Tra soldati morti e bambini malformati: l’uranio impoverito uccide nel silenzio. La prima vittoria giuridica è stata quella del 3 novembre 2012, quando il Tribunale civile di Roma stabilì, con una sentenza, che a uccidere Andrea Antonaci (militare che aveva prestato servizio in Bosnia), era stato l’uranio impoverito. Motivo per cui il ministero della Difesa fu condannato a pagare quasi un milione di euro ai familiari, perché finalmente era stato stabilito il nesso causale fra la patologia contratta dal ragazzo (un linfoma di Hodgkin) e l’esposizione all’U235.

Il diario straziante dell’incursore Danise

Il «bollettino di guerra» si aggiorna, purtroppo, di frequente: lo sorso anno aveva toccato l’Italia la morte di Gianluca Danise, incursore dell’Aeronautica, veterano di tante missioni all’estero, Kosovo, Albania, Eritrea, Afghanistan, Iraq e Gibuti (sfiorate l’icona blu per leggere la sua storia sul «Corriere»). Strazianti, ma al tempo stesso colme d’amore indirizzato alla famiglia, le parole lasciate nel suo diario online che raccontano la sua malattia: «Ho paura di morire e non poter dare un futuro a mia moglie e a mia figlia... Ho paura di morire prima di aver sistemato la maledetta burocrazia militare e civile...». Non è escluso che il male che lo ha stroncato si sia sviluppato in Kosovo.

«Gli americani giravano in tute da marziani»
«Vedevamo gli americani e ci chiedevamo perché girassero bardati a quel modo — aveva raccontato Danise —. Sembravano marziani. Sembravano personaggi di quei film tipo “Virus”. Avevano attrezzature per maneggiare i materiali di cui noi non disponevamo. Non ci siamo mai chiesti perché loro fossero cosi equipaggiati, pensavamo fossero loro a esagerare. Dopo il Kosovo, al rientro dalla seconda missione che ho fatto in Eritrea, cominciai a leggere i giornali e mi si gelò il sangue. Era l’epoca in cui si iniziava a parlare dell’uranio impoverito. Speravo di non essere tra gli sfortunati. Invece nel 2010 è toccato anche a me. È partito tutto da un mal di orecchie e mi si è stravolta la vita». Danise era morto nel dicembre 2015 e a febbraio 2016 la moglie aveva denunciato: «Non ho ancora avuto notizie sulla pensione di mio marito, non ho i soldi per vivere» 

Quattro commissioni parlamentari d’inchiesta

Per fare luce sui numeri di questa «battaglia» dimenticata non sono servite tre commissioni d’inchiesta parlamentari. Regolarmente azzoppate dal crollo anticipato delle legislature. Ora ne è decollata una quarta, presieduta dal deputato Pd Gian Piero Scanu. Che ha ricevuto da Mauro Pili, suo collega di Unidos, il fascicolo riguardante Caboni. E acquisito dalla commissione. I cui lavori marciano spediti. In questi giorni alla Camera sono stati sentiti ufficiali e medici delle Forze Armate. L’obiettivo? Scanu parla di «un atto di indirizzo che impegni governo e Parlamento ad attuare con la massima tempestività le disposizioni che la Commissione d’inchiesta sull’uranio impoverito della Camera indicherà come non più procrastinabili». Insomma: una legge che chiarisca di chi sono le colpe e soprattutto come debbano essere definiti gli indennizzi.
9 marzo 2017

martedì 10 maggio 2016

RELAZIONE 2016 SULL'EXPORT DI ARMI: LA TABELLA DELLE BANCHE ARMATE!

dal sito http://www.banchearmate.it/home.htm


La Relazione 2016 del governo Renzi sull'export di armamenti non ha ripristinato la trasparenza sulle operazioni svolte dalle banche: non solo non ha reintodotto l'elenco di dettaglio delle operazioni bancarie (scomparso dal 2008 senza alcuna giustificazione al Parlamento), ma invece dell'elenco delle "Operazioni Autorizzate" riporta anche quest'anno solo quello delle "Operazioni segnalate", quelle cioè che ogni anno svolge ogni banca, ma che non permettono di risalire all'intera operazione autotizzata. Ecco i primi commenti e le tabelle:

 Tutta la Relazione 2016: dal sito del Senato e della Camera

 La Tabella 2016 delle "banche armate" (in .pdf) 

 Banche e programmi intergovernativi (in .pdf)