Le armi nascoste nell'emendamento
Come già successo nello scorso luglio (quando un emendamento simile è stato inserito nella discussione sulla legge di rifinanziamento delle missioni militari) il Governo con un colpo di coda ha messo nel maxi-emendamento alla Legge di Stabilità una norma per abrogare il Catalogo Nazionale delle Armi Comuni da sparo.
di Rete Italiana per il Disarmo
Un ennesimo pezzo del tentativo di smantellare, come altri paralleli e più importanti, la struttura di controllo sulla diffusione (interna ed esterna) delle armi. Tanto che nella discussione di luglio in Senato sulla stessa materia il senatore Casson (ex-magistrato) aveva citato i fatti di sangue di Oslo come ultimo approdo della spinta in corso verso una deregolamentazione senza nuove forme di controllo, con favorita la criminalità organizzata.
Eppure lo stesso testo viene riproposto in una norma che invece dovrebbe occuparsi solamente di rimettere in piedi l’economia italiana entrata nella bufera e sotto l’attacco speculativo.
La posizione di Rete Disarmo (di cui fanno parte oltre trenta organismi impegnati sui temi del controllo degli armamenti) continua ad essere quella già espressa diverse volte e anche a luglio: aumentare gli standard di controllo dei trasferimenti di armamenti partendo dall’esperienza e dal buon impianto della legislazione esistente adeguandola alle normative internazionali.
Il che significa sottoporre anche tutte le armi leggere alla legge 185/90 ed accogliere finalmente la posizione comune UE sui broker (i trafficanti) di armi.
Il nuovo emendamento vorrebbe ancora far passare una modifica decisiva sulla definizione di legge di "arma da fuoco". Ciò avrebbe indebolito la legge 110/75 che ha sempre dimostrato un grosso controllo sulla circolazione interna di armi pur essendo molto debole sull’export.
“La proposta dell’emendamento è sicuramente a vantaggio della lobby armiera, che peraltro il 1 luglio scorso, in un comunicato del presidente dell'ANPAM (Associazione Nazionale Produttori Armi e Munizioni), aveva dettato la linea” afferma Carlo Tombola coordinatore scientifico di OPAL (Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere di Brescia). Nel comunicato in questione si legge infatti che: “In relazione al Catalogo nazionale, pensiamo che l’attenzione dedicata ai requisiti di catalogazione dovrebbe essere spostata verso l’aderenza al criterio unico di accesso alle armi comuni da parte dei cittadini europei riservando a forze e corpi armati dello Stato solo la categoria A (Armi da fuoco proibite), e considerando tutte le altre come armi consentite". In questo senso va anche rigettata la scusa che le armi di natura militare sarebbero già ampiamente normate dalla 185/90. Se ciò è vero per alcune di esse (ma non per tutte, tanto che in un recente caso di fornitura alla Libia di Gheddafi le aziende italiane hanno fornito fucili che sono in dotazione ai marines USA) bisogna però ricordare che la legge in questione disciplina solo l’export e non la vendita all’interno dei nostri confini.
Ancora una volta l'aderenza alla normativa europea è il grimaldello con cui si tenta di intervenire sulle leggi che regolano la produzione e il commercio delle armi. Il tutto inserito, come anche per le ipotesi di modifica delle norme sulle armi miliari inserite nella Legge Comunitaria, in una strategia complessiva che mira ad evitare una discussione parlamentare di complessivo riordino della materia.
Rete Disarmo da tempo si oppone a questi tentativi di modifica, che non possono considerarsi di riordino, a colpi di emendamenti camuffati e di Legge Delega sotto il falso abito di passaggio “tecnico” si permette l’indebolimento pezzo per pezzo dei controlli delle esportazioni di armi. “Su questi temi un’approvazione senza un vero confronto nelle competenti sedi istituzionali è sicuramente un rischio per la democrazia e la sicurezza - afferma Francesco Vignarca coordinatore della Rete - Tanto più che i dati degli ultimi anni, desunti proprio dalle Relazioni al Parlamento che la trasparenza delle attuali norme impone al Governo, dimostrano come siano costantemente cresciuti i trasferimenti di armi italiane all’estero”.
Ciò avviene proprio mentre a livello di Nazioni Unite sono ormai in dirittura d’arrivo per il 2012 i lavori di stesura di un Trattato Internazionale sui Trasferimenti di Armi (ATT) vincolante per tutto il mondo. Anche in Europa ci si sta muovendo in tal senso, eppure il nostro Governo (sia nelle ipotesi di riforma della legislazione italiana sia nelle sedi internazionali) sta “continuando a voler mantenere la differenziazione normativa tutta nostrana tra armi leggere ad uso civile e armi leggere ad uso militare, che permette alle nostre industrie con il placet dei nostri governi disinvolte esportazioni in diversi paesi problematici - sottolinea Maurizio Simoncelli vicepresidente di Archivio Disarmo(Istituto di ricerca parte della Rete) - con l’aggravante che non è obbligatoria nemmeno la comunicazione dei dati in sede europea”.
Secondo la Rete Italiana per il Disarmo questa rimane, insieme alla non ratifica della Posizione comune UE obbligatoria sui trafficanti (e stranamente in questo caso non si corre e non si usano emendamenti blindati), una grave lacuna del nostro ordinamento ed un pericolo per l'intera comunità internazionale. Ci troviamo di fronte a decisioni che nei fatti pongono l’Italia in pericolosa contro-tendenza mondiale in un settore altamente delicato.
Eppure lo stesso testo viene riproposto in una norma che invece dovrebbe occuparsi solamente di rimettere in piedi l’economia italiana entrata nella bufera e sotto l’attacco speculativo.
La posizione di Rete Disarmo (di cui fanno parte oltre trenta organismi impegnati sui temi del controllo degli armamenti) continua ad essere quella già espressa diverse volte e anche a luglio: aumentare gli standard di controllo dei trasferimenti di armamenti partendo dall’esperienza e dal buon impianto della legislazione esistente adeguandola alle normative internazionali.
Il che significa sottoporre anche tutte le armi leggere alla legge 185/90 ed accogliere finalmente la posizione comune UE sui broker (i trafficanti) di armi.
Il nuovo emendamento vorrebbe ancora far passare una modifica decisiva sulla definizione di legge di "arma da fuoco". Ciò avrebbe indebolito la legge 110/75 che ha sempre dimostrato un grosso controllo sulla circolazione interna di armi pur essendo molto debole sull’export.
“La proposta dell’emendamento è sicuramente a vantaggio della lobby armiera, che peraltro il 1 luglio scorso, in un comunicato del presidente dell'ANPAM (Associazione Nazionale Produttori Armi e Munizioni), aveva dettato la linea” afferma Carlo Tombola coordinatore scientifico di OPAL (Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere di Brescia). Nel comunicato in questione si legge infatti che: “In relazione al Catalogo nazionale, pensiamo che l’attenzione dedicata ai requisiti di catalogazione dovrebbe essere spostata verso l’aderenza al criterio unico di accesso alle armi comuni da parte dei cittadini europei riservando a forze e corpi armati dello Stato solo la categoria A (Armi da fuoco proibite), e considerando tutte le altre come armi consentite". In questo senso va anche rigettata la scusa che le armi di natura militare sarebbero già ampiamente normate dalla 185/90. Se ciò è vero per alcune di esse (ma non per tutte, tanto che in un recente caso di fornitura alla Libia di Gheddafi le aziende italiane hanno fornito fucili che sono in dotazione ai marines USA) bisogna però ricordare che la legge in questione disciplina solo l’export e non la vendita all’interno dei nostri confini.
Ancora una volta l'aderenza alla normativa europea è il grimaldello con cui si tenta di intervenire sulle leggi che regolano la produzione e il commercio delle armi. Il tutto inserito, come anche per le ipotesi di modifica delle norme sulle armi miliari inserite nella Legge Comunitaria, in una strategia complessiva che mira ad evitare una discussione parlamentare di complessivo riordino della materia.
Rete Disarmo da tempo si oppone a questi tentativi di modifica, che non possono considerarsi di riordino, a colpi di emendamenti camuffati e di Legge Delega sotto il falso abito di passaggio “tecnico” si permette l’indebolimento pezzo per pezzo dei controlli delle esportazioni di armi. “Su questi temi un’approvazione senza un vero confronto nelle competenti sedi istituzionali è sicuramente un rischio per la democrazia e la sicurezza - afferma Francesco Vignarca coordinatore della Rete - Tanto più che i dati degli ultimi anni, desunti proprio dalle Relazioni al Parlamento che la trasparenza delle attuali norme impone al Governo, dimostrano come siano costantemente cresciuti i trasferimenti di armi italiane all’estero”.
Ciò avviene proprio mentre a livello di Nazioni Unite sono ormai in dirittura d’arrivo per il 2012 i lavori di stesura di un Trattato Internazionale sui Trasferimenti di Armi (ATT) vincolante per tutto il mondo. Anche in Europa ci si sta muovendo in tal senso, eppure il nostro Governo (sia nelle ipotesi di riforma della legislazione italiana sia nelle sedi internazionali) sta “continuando a voler mantenere la differenziazione normativa tutta nostrana tra armi leggere ad uso civile e armi leggere ad uso militare, che permette alle nostre industrie con il placet dei nostri governi disinvolte esportazioni in diversi paesi problematici - sottolinea Maurizio Simoncelli vicepresidente di Archivio Disarmo(Istituto di ricerca parte della Rete) - con l’aggravante che non è obbligatoria nemmeno la comunicazione dei dati in sede europea”.
Secondo la Rete Italiana per il Disarmo questa rimane, insieme alla non ratifica della Posizione comune UE obbligatoria sui trafficanti (e stranamente in questo caso non si corre e non si usano emendamenti blindati), una grave lacuna del nostro ordinamento ed un pericolo per l'intera comunità internazionale. Ci troviamo di fronte a decisioni che nei fatti pongono l’Italia in pericolosa contro-tendenza mondiale in un settore altamente delicato.
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