Un Porto in cui i destini dei migranti in transito sembrano
“un po’ meno sospesi” (1): questo è quello che emerge
dall’interessante dibattito che si è tenuto ieri con la presenza di Riccardo
Tumminia, dirigente della polizia di frontiera, e i rappresentanti di alcune
associazioni attive sul fronte dei diritti umani.
Ovviamente se ci sono stati dei miglioramenti nel
sistema di accoglienza al Porto di Venezia questi sono in buona parte dovuti
all’azione di pressione, denuncia ed informazione che associazioni e attivisti
veneziani hanno svolto in particolare dal 2008 ad oggi, azione che è culminata
con la recente sentenza "Sharifi e altri" della Corte Europea dei diritti umani dell’ottobre
scorso (2).
Riccardo Tumminia ha infatti riconosciuto la
bontà e l'efficacia del percorso portato avanti dalle associazioni e l’importanza della
sentenza della Corte europea dei diritti umani ed ha inoltre ribadito la sua
disponibilità sia a garantire ai volontari l’accesso al Porto di Venezia sia a
trovare delle soluzioni – all’interno della premessa che la polizia di
frontiera deve fare rispettare le leggi, anche se queste leggi non sono giuste
o sono perfettibili – perché ad ogni cittadino straniero sia garantita la reale
possibilità di fare richiesta di asilo politico nelle migliori condizioni
possibili e nel rispetto delle norme vigenti e dei diritti umani.
Oggi lo sforzo che è stato
fatto dalla polizia di frontiera è quello di garantire un colloquio a tutti i
migranti e di rilasciare un documento ufficiale a tutti i cittadini stranieri
che vengono respinti/riammessi dal Porto di Venezia verso la Grecia (3) ma ovviamente non è sufficiente: per questo è stato forte l’appello
lanciato da Alessandra Sciurba, Mariarita Peca (4) e Luca Mandro di condanna e richiesta di messa al bando di qualsiasi pratica di respingimento/riammissione con
affido diretto al comandante. Un migrante, dopo 30, 35 ore di estenuante
viaggio fatto spesso in condizioni precarie (e che è solo l’ultimo pezzo di un
viaggio di migliaia di chilometri che può durare mesi, a volte anni), non può essere
costretto a “giocarsi” la vita e il futuro in pochi minuti. Devono esserci – in
tutti i porti dell’Adriatico – spazi adeguati dedicati all’incontro con i
migranti, personale preparato, interpreti e mediatori che forniscano
informazioni complete e chiare e non ci deve essere “fretta” di riaffidare al
comandante queste persone. Perché non ci possono essere mezze misure nel
rispetto e nella tutela dei diritti umani.
Grazie ad Mariarita, Alessandra e Luca
Grazie ad Mariarita, Alessandra e Luca
Note
(1) Il
libro “il porto dei destini sospesi” (in pdf): https://antidiscriminazionivenezia.files.wordpress.com/2012/09/ilportodeidestinisospesi.pdf
(2) Sentenza CEDU: http://www.meltingpot.org/Sentenza-CEDU-del-21-ottobre-2014-Caso-Sharfi-and-others-v.html#.VIlPEtKG-2Y
e commento alla sentenza a cura di Alessandra Sciurba: http://www.meltingpot.org/Caso-Sharifi-et-al-v-Italia-e-Grecia-La-Corte-di-Strasburgo.html#.VIlPIdKG-2Y
(3) Secondo i dati della prefettura tra gennaio e
ottobre 2014 sono arrivati 175 migranti e di questi 64 sono stati riammessi
verso la Grecia con affido diretto al comandante
(4) Rapporto “Porti insicuri” di MEDU: http://www.mediciperidirittiumani.org/porti-insicuri-rapporto-sulle-riammissioni-dai-porti-italiani-alla-grecia-e-sulle-violazioni-dei-diritti-fondamentali-dei-migranti-nov/
Guarda il video con tutti gli interventi:
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